“Quello che tutti vogliono è l’appagamento e la protezione dalla angoscia”
“Harry Stack Sullivan: la ragnatela e il ragno”
in Edgar Levenson “L’ambiguita del cambiamento” Astrolabio 1985
Sintesi a cura di Chiara Mascia
Levenson dedica questo capitolo all’approccio interpersonale o transazionale in psicanalisi ed in particolare a H.S. Sullivan, che egli considera il principale esponente. Inizia il capitolo con una introduzione su come Sullivan abbia formulato la propria teoria, raccontando il lavoro di Sullivan attraverso un paragone tra le vite, le personalità e le posizioni di Sullivan e di Freud che egli ritiene totalmente diverse, eccetto per il fatto che entrambi hanno intrapreso una nuova via (teorica) dalla quale hanno però, in seguito, dovuto recedere (una volta messi davanti alle estreme conseguenze della teoria stessa). Per entrambi questo recedere è stato accompagnato da un sogno rivelatore.
Levenson racconta come Sullivan abbia formulato la propria teoria come un paradigma della comunicazione e del linguaggio e utilizza, per spiegarlo, l’immagine della ragnatela e del ragno che proviene dall’unico sogno noto di Sullivan.
Il ragno rappresenta per Levenson il maestro del collegamento ed è proprio in questi termini che egli descrive Sullivan come colui che sviluppò non una teoria me una ragnatela di spunti provenienti da discipline diverse (psichiatria, antropologia, sociologia, biologia, etologia) il cui punto di forza è quello di essere un paradigma del tutto nuovo: quello della comunicazione e del linguaggio (paradigma= nella definizione di Kuhn è un insieme di ipotesi sulla natura della realtà, metafore implicite, assunti epistemologici).
Sullivan sosteneva che mediante un (crescente) CONTROLLO DEL LINGUAGGIO (sintattico) il bambino riesce a mettere ordine nella sua esperienza del mondo.
Lo sviluppo del linguaggio avviene poi attraverso una CONVALIDA CONSENSUALE, un ACCORDO SEMANTICO con l’altra persona, in merito alla natura della relatà.
Se una persona riesce ad esprimere e comunicare chiaramente l’esperienza, riesce allora ad avere presa su questa.
A questo punto Levenson introduce la teoria della angoscia di Sullivan, concordando con quegli autori per cui questa costituisce la parte più centrale della sua teoria ma anche il suo elemento più sfuggente e controverso. Anche in questo caso Levenson utilizza l’immagine della ragnatela e del ragno che si incontra alla sua fine e mette in evidenza come, proprio a proposito della teoria dell’angoscia, Sullivan sembri contraddirsi.
La questione centrale è relativa alla natura della angoscia secondo Sullivan, ovvero se essa abbia una natura interpersonale o pulsionale.
Inizialmente Sullivan sostiene che l’angoscia debba essere interpersonale in quanto:
- il sollievo dalla angoscia avviene in modo interpersonale;
- l’angoscia si propaga per contagio, ovvero quando un genitore è angosciato il bambino diventa angosciato a propria volta.
L’angoscia che il bambino esperisce, tuttavia non può derivare dall’angoscia dei genitori: in questo caso solo genitori angosciati produrrebbero figli angosciati. Quindi non è l’angoscia del genitore bensì l’esperienza del bambino con il genitore a renderlo angosciato.
es.: Una madre che crea e interrompe il contatto visivo con una frequenza sbagliata; una madre maldestra nell’allattare.
Il bambino infatti sembra reagire con paura all’angoscia dei genitori a prescindere dal messaggio esplicito.
Questo implica che il bambino abbia una predisposizione all’angoscia, predisposizione che viene tenuta sotto controllo dal mantenimento della relazione empatica con i genitori, in grado sostenere un senso di serentità e di contatto.
Levenson ritiene che qui Sullivan finisca per definire l’angoscia piu come una pulsione che come un fatto interpersonale, e con l’utilizzare solo apparentemente un paradigma della comunicazione.
Infatti Sullivan introdurrebbe un modello energetico parlando di “trasformazioni di energia” e descrivendo:
- l’angoscia come una forza sempre presente, un mostro pronto a saltare fuori e divorare il bambino;
- la distorsione comunicativa come risultato di una angoscia priva di vincoli, che ha superato le maglie delle difese,
- il disturbo mentale come il risultato di una comunicazione interpersonale insufficiente, in quanto il processo di comunicazione è ostacolato dall’angoscia;
- il sistema del sè come organizzazione dell’esperienza educativa diretta ad evitare l’angoscia crescente connessa al processo educativo.
In principio è l’angoscia originaria.
Il linguaggio allevia l’ angoscia dando una forza interpersonale
Il sistema del Sè si sviluppa come aggregato di difese contro l’ angoscia, per dare sicurezza e capacita sociale
L’evoluzione umana è difesa contro il terrore
Levenson ritiene che Sullivan ci abbia lasciato un retaggio fobico sulla natura dell’ angoscia e, ad esempio, cita le indicazioni su come trattare in analisi i sogni angosciosi. Sullivan riteneva che gli incubi fossero piccoli episodi schizofrenci e non dovessero essere analizzati ma utilizzati solo per farsi ricondurre ai residui diurni.
Qui Levenson, che non condivide le indicazioni di Sullivan in merito ai sogni, non solo cita il sogno che Sullivan fece al momento del suo trasferimento allo Shepperd and Enoch Pratt, ma vuole dimostrare che esso è interpretabtile e dunque lo interpreta, allo scopo di contestualizzare la teoria dell’ angoscia di questo autore rispetto ai suoi eventi di vita.
Levenson
- ricorda che usualmente in psicanalisi i ragni simboleggiano la madre;
- riferisce un episodio della primissima infanzia di Sullivan in cui la nonna (cui sullivan era stato affidato per un anno, plausibilmente perché la madre era sparita misteriosamente a seguito di un possibile crollo psicotico) avrebbe messo in cima alle scale su cui il piccolo Sullivan imparava a camminare, un ragno morto per dissuaderlo;
- sottolinea che nel narrare il sogno Sullivan si dice affascinato dal disegno della ragnatela che paragona al proprio “interesse per i tessuti”.
Come al centro della ordinata ed affascinante ragnatela del sogno sta il terrificante ragno, pronto a divorare l’imprudente, così al centro della bella organizzazione teorica di Sullivan sta l’angoscia, l’orrore inesprimibile.
Le capacità semiotiche (dell’indindivido come di Sullivan) si sviluppano per arginare il terrore originario.
L’indagine meticolosa, le percezioni precise, la convalida consensuale hanno il ruolo di difesa contro un centro di energia (l’angoscia).
Secondo Levenson, Sullivan formulò una teoria tanto fobica quanto la sua paura dei ragni, una psicodinamica che operava contro il “vedere”, e anche per questo si fermò prima di avere tratto tutte le conseguenze della propria posizione.
Presentato al “Gruppo modenese di Studio e di Lettura” dell’associazione Psicoterapia e Scienze Umane il 05/04/2016